Usucapione applicabile a un bene culturale di proprietà pubblica senza vincolo di apposizione?

Novembre 29, 2023
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Usucapione su bene culturale
Usucapione su bene culturale

Il bene è incluso nel patrimonio culturale di proprietà pubblica in virtù delle sue caratteristiche ontologiche senza richiedere una formalità ricognitiva (sentenza della Cassazione n. 28792/2023).

Un bene di proprietà pubblica su cui non è stato apposto il vincolo culturale (o che è stato apposto dopo la maturazione dei vent’anni) può essere soggetto all’acquisizione per usucapione? La Corte di Cassazione, Sezione II, nell’ordinanza del 17 ottobre 2023, n. 28792, risponde in maniera negativa a questa domanda. Secondo gli ermellini, i beni culturali possono appartenere sia alla proprietà pubblica che privata con un diverso regime giuridico.

Nel caso dei beni pubblici, la qualifica di bene culturale e la sua appartenenza al patrimonio culturale di proprietà pubblica si basano sulle sue caratteristiche ontologiche esistenti fin dall’origine, senza richiedere una specifica attestazione da parte di un atto ricognitivo. In sostanza, i beni con valore storico, artistico o archeologico, appartenenti allo Stato o ad altri enti pubblici, sono considerati “tout court” beni culturali.

L’aggiunta del vincolo non crea una nuova qualità, ma certifica semplicemente una prerogativa di cui il bene è già dotato in base alle sue caratteristiche.La decisione della Corte è interessante anche da un altro punto di vista. Nel caso in questione, il bene faceva parte del demanio militare ma era stato dismesso dall’amministrazione militare. Secondo i giudici di legittimità, la dismissione è irrilevante. Questo poiché la disciplina del demanio militare e quella del demanio culturale sono concorrenti, come indicato nell’articolo 822 comma 2 del codice civile, “con la conseguenza che la cessazione della qualifica di bene demaniale militare non influisce sui vincoli derivanti dalla persistente natura culturale del bene”.

Il fatto

Un uomo decide di avviare un processo legale per far valere l’acquisizione per usucapione di un appartamento situato al primo piano di un edificio di proprietà della Regione.

Nel primo grado del processo, la richiesta dell’attore viene accolta favorevolmente, ma in appello viene respinta, poiché l’edificio in cui si trova l’appartamento è considerato parte del demanio culturale e pertanto non soggetto a usucapione.

Di conseguenza, il caso viene portato in Cassazione per una decisione finale.

Differenza tra beni demaniali e beni del patrimonio indisponibile

La Suprema Corte, nel suo scrutinio del caso, esamina attentamente la disciplina dei beni pubblici, i cui principi fondamentali sono sanciti nel Codice civile. In base all’articolo 823 comma 1 del codice civile, i beni demaniali sono inalienabili e non possono essere oggetto di diritti a favore di terzi, tranne nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.

I beni demaniali possono essere classificati come “demanio necessario”, ossia beni che appartengono necessariamente allo Stato, come il demanio marittimo (come le spiagge), il demanio idrico (fiumi, torrenti, laghi) e il demanio militare (fortificazioni, aeroporti militari), o come “demanio accidentale”, che può appartenere anche a soggetti privati ma diventa demaniale solo se appartiene allo Stato o ad un altro ente pubblico territoriale, come il demanio stradale e il demanio culturale.

I beni del demanio pubblico sono considerati inalienabili, insuscettibili di usucapione e non possono essere oggetto di atti di disposizione di diritto privato. D’altra parte, i beni patrimoniali indisponibili sono beni che appartengono allo Stato o ad enti pubblici e servono l’interesse generale, ma non rientrano nella categoria dei beni demaniali.

Articolo 826 codice civile e specifiche 

Secondo l’articolo 826 del codice civile, tali beni possono appartenere al “patrimonio necessario” se sono così per natura, come miniere, cave, torbiere, o al “patrimonio accidentale” se sono così per destinazione, come edifici destinati ad essere sede di uffici pubblici o arredi.

I beni patrimoniali indisponibili non possono essere sottratti dalla loro destinazione, se non secondo le modalità stabilite dalle leggi che li riguardano (articolo 828 comma 2 del codice civile). In particolare, anche se sono commerciabili e possono essere soggetti a negozi traslativi di diritto privato, sono soggetti ad uno specifico vincolo di destinazione all’uso pubblico, come affermato dalla sentenza della Corte di Cassazione SS. UU. n. 3811/2011.

Infine, esistono anche i beni patrimoniali disponibili, che seguono il regime giuridico ordinario, ossia sono commerciabili, alienabili, soggetti ad usucapione e possono essere oggetto di esecuzione forzata. Questi beni possono appartenere sia a privati che allo Stato e ad enti pubblici.

Norme ordinare e costituzionali sui beni culturali

Il ricorrente sostiene che i giudici di merito hanno commesso un errore nel considerare il bene come demaniale e, di conseguenza, non usucapibile. Specificamente, la sentenza impugnata si è basata sul decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali (D.M. MIBAC 16/2007) che ha dichiarato il bene in questione di interesse storico e culturale.

Il ricorrente precisa che l’usucapione è maturata nel 1998, la domanda legale è stata presentata nel 2005, ma solo nel 2007, ovvero due anni dopo, è stata emessa la dichiarazione di interesse storico e culturale del bene (in base all’articolo 10 del Decreto legislativo n. 42/2004).

Pertanto, a quella data, il periodo di vent’anni era già ampiamente trascorso. L’individuo nota che correttamente, in primo grado, era stata esclusa la natura demaniale del bene, poiché inizialmente faceva parte del demanio militare ma successivamente era stato dismesso, ceduto alla Regione e destinato al patrimonio disponibile.

Attestazione dell’Intendenza di Finanza del 1985

A sostegno di ciò, è stata presentata l’attestazione dell’Intendenza di Finanza del 1985 che lo definiva come “bene del patrimonio disponibile”. La Suprema Corte ritiene infondata la lamentela. I giudici della Corte di Cassazione spiegano che, per determinare se un bene sia pubblico, non è sufficiente fare riferimento alle norme codicistiche, ma è necessario integrarle con altre fonti normative dell’ordinamento giuridico, tra cui la Costituzione. Secondo le norme costituzionali, un bene deve essere considerato pubblico se arreca un beneficio alla collettività e non semplicemente per l’appartenenza ad una categoria astratta del Codice civile1.

Nel caso in esame, si fa riferimento ai beni culturali, quindi assume importanza la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione (articolo 9 della Costituzione). Tale tutela trova la sua disciplina tra i principi fondamentali della Costituzione ed è il “fondamento per una ricca legislazione in tema di beni culturali” (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 3811/2011).

Il demanio culturale: beni inalienabili e alienabili previa autorizzazione

Per quanto riguarda il tema in questione, il Codice dei Beni culturali (articolo 10 del Decreto legislativo n. 42/2004) elenca i seguenti beni:

  • “le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro […] che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico” (comma 1)
  • “e, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13 del Decreto legislativo citato: a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 […]” (comma 3).

I beni culturali che appartengono allo Stato e agli enti pubblici territoriali e che rientrano nell’elenco dell’articolo 822 del Codice civile (ovvero gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico, le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche) costituiscono il demanio culturale.

Per riassumere 

Dal punto di vista del regime giuridico, essi non possono essere alienati né oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei limiti e con le modalità previste dal Codice dei Beni culturali (articolo 53 del Decreto legislativo citato).In generale, i beni che fanno parte del demanio culturale sono inalienabili, ma alcuni possono essere alienati previa autorizzazione del Ministero. Per riassumere:

  • gli immobili e le aree di interesse archeologico sono inalienabili (articolo 54 comma 1 e 2 del Decreto legislativo n. 42/2004), così come gli immobili riconosciuti monumenti nazionali con atti aventi forza di legge, le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e biblioteche, e gli archivi, ecc.
  • i beni culturali immobili appartenenti al demanio culturale e non rientranti tra quelli sopra elencati possono essere alienati previa autorizzazione del Ministero (articolo 55 comma 1 del Decreto legislativo citato).Tale autorizzazione può essere concessa a condizione che:a) “l’alienazione assicuri la tutela e la valorizzazione dei beni, e comunque non ne pregiudichi il pubblico godimento”;b) “nel provvedimento di autorizzazione siano indicate destinazioni d’uso compatibili con il carattere storico ed artistico degli immobili e tali da non recare danno alla loro conservazione”.

Il demanio culturale: beni inalienabili e alienabili previa autorizzazione

Il Codice dei beni culturali introduce una presunzione di interesse storico e artistico per il patrimonio culturale di proprietà pubblica. Questa presunzione si basa sulla definizione di beni culturali contenuta nel codice, che include tutte le cose immobili e mobili appartenenti a enti pubblici territoriali, istituti pubblici, persone giuridiche private senza fini di lucro, nonché gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.

Il Ministero, tramite i suoi organi competenti, verifica l’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico di questi beni, sia su iniziativa propria che su richiesta. Tale verifica avviene in base a linee guida stabilite dal Ministero stesso al fine di garantire una valutazione uniforme. Di conseguenza, fino a quando questa verifica non viene effettuata, si presume che tali beni abbiano un valore culturale in base alle norme esistenti. La presunzione viene meno solo se, al termine della verifica, non viene riscontrato alcun interesse culturale per il bene in questione.

Beni del patrimonio culturale, approfondimenti

È importante notare che i beni del patrimonio culturale possono appartenere sia alla proprietà pubblica che a quella privata, ma hanno regimi giuridici diversi. Nel caso dei beni di proprietà privata, la tutela è subordinata alla dichiarazione di appartenenza al patrimonio culturale rilasciata dalle autorità competenti. Al contrario, per i beni di proprietà pubblica, la tutela può essere considerata come reale, senza necessità di una dichiarazione specifica. Per riassumere:

  • un bene di proprietà privata rientra tra i beni culturali se è di interesse artistico, storico e archeologico ed è soggetto a un provvedimento amministrativo di dichiarazione che attesta il suo interesse particolarmente rilevante. Inoltre, è sottoposto a notifica per essere vincolato e a trascrizione al fine di rendere pubblica l’esistenza del provvedimento amministrativo.
  • per un bene di proprietà pubblica, invece, è sufficiente la presenza di un interesse storico, artistico o archeologico. Questo, indipendentemente dal fatto che sia stato oggetto di un accertamento specifico.

Regime giuridico dei beni culturali di proprietà pubblica e privata

La situazione in questione è regolata dalla legge 1089/1939, anche applicabile al periodo considerato, che riguarda la tutela delle cose di interesse artistico o storico. Tale legge – così come quella attualmente in vigore – rende soggetti alle sue disposizioni gli immobili che presentano interesse storico, artistico, archeologico ed etnografico. Pertanto, è sufficiente che tale interesse esista, senza che sia necessario un provvedimento amministrativo per riconoscerne la qualità.

Tuttavia, il riconoscimento è necessario nel caso dei beni non di proprietà pubblica. Per quanto riguarda gli immobili di proprietà dello Stato, il riconoscimento previsto dalle leggi in materia coincide semplicemente con l’esistenza dell’interesse culturale. In altre parole, se un bene pubblico presenta interesse storico e artistico, ciò costituisce il titolo stesso per la sua inclusione nel demanio culturale, senza che sia necessario un provvedimento formale di accertamento in tal senso.

Infatti, le caratteristiche intrinseche del bene sono sufficienti. Questa interpretazione sembra essere compatibile con l’art. 9 della Costituzione, in quanto – se la legge subordinasse la tutela dei beni culturali a provvedimenti di riconoscimento o certificazione da parte della Pubblica Amministrazione – potrebbero sorgere dubbi di legittimità costituzionale in contrasto con il principio secondo cui la protezione del patrimonio storico e artistico è uno dei valori primari dello Stato, oltre alla sua buona gestione.

Il bene pubblico: importanza dell’interesse culturale

Nel caso in esame, l’immobile in cui si trova l’appartamento oggetto di usucapione da parte del ricorrente non risulta incluso nell’elenco indicato dalla legge vigente all’epoca (art. 4 c. 1 legge 1089/1939). Tuttavia, è soggetto al regime giuridico del demanio pubblico in base alla combinata disposizione degli articoli 822 c.c. (demanio pubblico) e 824 c.c. (beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali), in quanto riconosciuto come di interesse storico, archeologico o artistico.

La notifica del vincolo, invece, è necessaria solo per i beni di proprietà privata al fine di sottoporli alle limitazioni e agli obblighi previsti dalla legislazione di tutela (Cass. 25690/2018). Il vincolo ha efficacia dichiarativa, significa che non crea una nuova situazione giuridica, ma attesta un diritto già esistente in relazione all’immobile (Cass. 14105/2023). Pertanto, indipendentemente dal momento in cui viene applicato il vincolo, un bene del demanio:

  • non può essere sottratto alla sua destinazione d’uso originaria;
  • non può essere oggetto di usucapione, come stabilito dalle sentenze della Corte di Cassazione Cass. 4388/2009 e Cass. 12688/2023.

L’impossibilità di usucapire un bene appartenente al demanio culturale

Nel caso specifico in esame, l’appartamento su cui il ricorrente rivendica il possesso acquisito a titolo di usucapione si trova in un edificio che non risulta elencato secondo quanto disposto dalla legge vigente all’epoca (articolo 4 comma 1 legge 1089/1939).

Tuttavia, l’immobile è soggetto al regime giuridico del demanio pubblico. Questo, in virtù della combinazione degli articoli 822 e 824 del codice civile, in quanto riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico. La notifica del vincolo, invece, è necessaria solo per i beni di proprietà privata. Questo, al fine di sottoporli alle limitazioni e agli obblighi della legislazione protettiva (sentenza Cassazione 25690/2018).

Il vincolo ha natura dichiarativa e non costitutiva, in quanto mira a confermare una prerogativa già esistente sull’immobile (sentenza Cassazione 14105/2023). Pertanto, indipendentemente dal momento in cui il vincolo è apposto, un bene appartenente al demanio non può essere distolto dalla sua destinazione originaria. Inoltre, non può essere oggetto di usucapione (sentenze Cassazione 4388/2009 e Cassazione 12688/2023).

Conclusioni: la dismissione dal demanio militare è irrilevante

I giudici di legittimità ritengono che la decisione impugnata abbia correttamente stabilito che il bene in questione appartiene al patrimonio culturale di proprietà pubblica, in base alle sue caratteristiche intrinseche, senza la necessità di un atto specifico di riconoscimento, richiesto solo per i beni culturali di proprietà privata.

Pertanto, è irrilevante che la dichiarazione dell’interesse storico-culturale sia arrivata successivamente all’acquisizione del possesso per usucapione, poiché ha solo natura dichiarativa. Inoltre, il fatto che il bene sia dismesso dal patrimonio militare non è rilevante. Questo, in quanto la disciplina del demanio militare si sovrappone a quella del demanio culturale, ai sensi dell’articolo 822 comma 2 del codice civile, con la conseguenza che la cessazione della qualifica di demanio militare non influisce sui vincoli derivanti dalla persistente qualifica di demanio culturale (sentenza Cassazione 6522/2003).

In conclusione, il ricorso è respinto. Inoltre, il ricorrente è condannato a pagare le spese del procedimento di legittimità, oltre a una somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del decreto del Presidente della Repubblica 115/2002.

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