Anticorruzione e trasparenza in materia di contratti pubblici

Gennaio 15, 2024
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Anticorruzione e trasparenza
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Anticorruzione e trasparenza nella PA: analisi degli strumenti normativi in vigore dal 1990 volti a contrastare il fenomeno della corruzione e a garantire un migliore e più limpido svolgimento delle attività amministrative.

Anticorruzione nella PA: il lavoro del legislatore

Da sempre il nostro sistema giuridico contrasta con ogni mezzo possibile il fenomeno della corruzione all’interno della Pubblica Amministrazione. Il legislatore in numerose occasioni è intervenuto con strumenti legislativi volti a garantire trasparenza e un migliore svolgimento delle attività pubbliche.

Con il termine corruzione si fa riferimento a tutti quei comportamenti messi in atto per soddisfare un proprio interesse a danno del bene comune. È solo la disciplina dell’anticorruzione dunque, un valido strumento di azione per assicurare trasparenza e chiarezza in merito alle attività svolte dalla PA.

Oggi approfondiremo il tema dell’anticorruzione e trasparenza attraverso una attenta analisi normativa iniziata nel 1990 e ancora oggi in corso.

Principio di trasparenza: legge 241/1990

In materia di procedimento amministrativo e in relazione al principio di trasparenza, iniziamo col menzionare la legge 241/1990 ponendo in particolare il focus sull’articolo 1 della disposizione normativa medesima.

L’articolo 1 della Legge n. 241/90 stabilisce i principi fondamentali che la Pubblica Amministrazione deve seguire nel processo decisionale. Questi principi, lontani da essere mere dichiarazioni teoriche, devono essere compresi in tre direzioni prioritarie e simmetriche.

Innanzitutto, come obiettivo finale della normativa, indicando il fine concreto che l’intera legge mira a raggiungere. In secondo luogo, come criterio autentico per interpretare le procedure, fornendo una guida sul significato di un determinato procedere e sugli obiettivi concreti di ciascun istituto. In terzo luogo, come criterio integrativo, indicando la via da seguire nei casi non contemplati, basato su pratiche e comportamenti orientati verso l’economicità, l’efficacia, l’imparzialità, la pubblicità e la trasparenza.

Queste direzioni non sono alternative, ma linee parallele e ineludibili, dando così concretezza e pragmaticità alla legge sul procedimento amministrativo. Il Capo I della Legge, datato 18 agosto 1990, si concentra sui principi fondanti dell’azione amministrativa, sottolineando l’importanza di tali principi nell’adempimento delle funzioni della Pubblica Amministrazione.

Enunciato articolo 1 legge 241/1990

Recita così l’articolo 1 della legge 241/1990:

Comma 1. L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario.
Comma 1-bis. La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.
Comma 1-ter. I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei princìpi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge.
Comma 2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria.
Comma 2-bis. I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede“.

Per riassumere

In breve:

  • la Pubblica Amministrazione deve adottare un approccio economico, cercando di minimizzare i costi in senso strumentale, non solo monetario;
  • il principio di efficacia, accompagnato da quello di efficienza, richiede che l’azione complessiva produca risultati;
  • il principio di imparzialità, basato sull’articolo 97 della Costituzione, vieta favoritismi e garantisce a tutti i cittadini pari accesso ai servizi pubblici;
  • la pubblicità e la trasparenza impongono alle Pubbliche Amministrazioni di rendere visibile e controllabile il loro operato esternamente, collegandosi al principio di motivazione e al diritto di accesso agli atti.

Abbiamo poco più sopra menzionato l’articolo 97 della Costituzione il cui enunciato è fondamentale e lo vedremo insieme a breve.

Articolo 97 Costituzione

Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.

Misure di anticorruzione nella PA: legge 190/2012

Nota anche come Legge Severino, la lex 190/2012 è anche denominata “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione è dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.

Essa individua l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) quale organo designato a svolgere attività di controllo, prevenzione e contrasto alla corruzione nella PA.

Questi più precisamente i compiti svolti dall’ANAC:

  • vigilanza sulle misure anticorruzione adottate dalla pubbliche amministrazioni;
  • controllo sull’applicazione delle misure anticorruzione adottate dalle PA;
  • poteri ispettivi;
  • intervento di rimozione di atteggiamenti contrastanti con la legalità.

È inoltre compito dell’ANAC redigere una relazione da presentare entro il 31 dicembre di ogni anno, al Parlamento, riferendo delle attività contrastanti la corruzione e l’illegalità nella PA.

Piano nazionale anticorruzione

L’ANAC è l’organo che adotta il Piano nazionale anticorruzione nel quale si indicano modalità, tempistiche e strumenti per contrastare comportamenti di corruzione e illegalità. Esso ha durata triennale ma si aggiorna annualmente.

Inoltre, questo costituisce un punto di riferimento per le pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del dlgs. 165/2001, nella creazione dei loro piani triennali di prevenzione della corruzione.

Infine, svolge un ruolo guida per altri enti come enti pubblici economici, ordini professionali, associazioni, enti di diritto privato, ecc., al fine di adottare misure preventive supplementari rispetto a quelle stabilite dal dlgs. 231/2001.

Trasparenza secondo la legge 190/2012

La legge n. 190/2012 promuove la trasparenza nell’attività amministrativa come un “livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili”. In conformità all’art. 117, comma 2, lett. m, della Costituzione (comma 15, art. 1, l. 190/2012), la normativa richiede la pubblicazione sui siti web istituzionali delle amministrazioni pubbliche dei bilanci, conti consuntivi e dei costi unitari di opere pubbliche e servizi erogati ai cittadini. I costi sono pubblicati secondo uno schema stabilito dall’ex Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (ora ANAC) per agevolare la comparazione.

Le amministrazioni devono, nel rispetto della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi della legge n. 241/1990, rendere accessibili in modo telematico le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che coinvolgono gli interessati. Questo obbligo, sancito dal comma 30, art. 1, l. 190/2012, comprende dettagli sulla procedura, tempi e ufficio competente in ogni fase, garantendo trasparenza e accessibilità continua.

Approfondimento sul principio di anticorruzione e trasparenza

Quando si parla di azione della pubblica amministrazione, non possiamo non menzionare i principi di trasparenza e di anticorruzione che a dispetto di quanti molti credono, sono differenti sotto molti punti di vista.

Queste due locuzioni sono indipendenti e trovano spazio ciascuna in un campo di applicazione differente sebbene siano in apparenza sempre correlate tra loro.

Passiamo però ad approfondire meglio questi due concetti. Con il termine anticorruzione si fa riferimento a tutte quelle pratiche volte a contrastare la corruzione e l’illegalità perpetrate nella PA e che privilegiano il benessere del singolo a discapito degli interessi della collettività.

Invece, con il termine trasparenza si fa riferimento alla possibilità di visionare l’operato della pubblica amministrazione attraverso gli strumenti che per legge il cittadino ha a sua disposizione. Il concetto di trasparenza è fondamentale per evitare la commissione di pratiche illecite perpetrate dai pubblici funzionari.

L’obiettivo del legislatore è da oltre trent’anni quello di rendere sempre il più trasparente possibile l’operato della PA.

Anticorruzione e trasparenza: come è cambiata la normativa nel tempo

Si può parlare di una prima vera e propria normativa in materia di trasparenza, con la famosa legge numero 241/1990 che nel corso degli anni ha subito varie modifiche e integrazioni. L’esigenza di una normativa di questo genere nasceva essenzialmente dalla necessità di sradicare un sistema di corruzione sempre più evidente e presente nella dimensione amministrativa/burocratica della pubblica amministrazione.

A causa poi delle varie crisi economiche che si sono succedute nel nostro Paese, il fenomeno della corruzione è cresciuto in maniera sempre più esponenziale, finendo col creare una malsana concorrenza tra le imprese.

Perché? Messo da parte il principio di lealtà imprenditoriale che avrebbe garantito invece vantaggi non solo al singolo ma anche alla comunità, gli imprenditori hanno messo in atto comportamenti sempre più meschini e scorretti per accaparrarsi il più alto numero possibile di appalti compromettendo l’integrità, l’imparzialità e il buon andamento della PA oltre che l’economia pubblica.

È alla luce di quanto affermato che il legislatore ha ritenuto opportuno ampliare il concetto di corruzione delineandolo non solo sotto un’ottica penalistica ma ampliandone la portata, rendendo punibili anche condotte che un tempo non erano sanzionabili o solo rilevabili nella materia penale. Chiaramente, l’obiettivo del legislatore era quello di contrastare il fenomeno della corruzione che sempre più si stava diffondendo nella PA.

Leggi anticorruzione

In materia di trasparenza e anticorruzione, ecco quali sono le principali leggi che dobbiamo menzionare:

  • legge 241/1990;
  • legge 190/2012;
  • legge 69/2015;
  • decreto legislativo 33/2013.

La normativa anticorruzione si pone come obiettivo la garanzia di trasparenza nell’operato della PA e l’attività di controllo dello stesso da parte dei cittadini mediante l’accesso agli atti, l’accesso generalizzato e l’accesso civico.

È però la legge 241/90 che all’articolo 1 ha stabilito che i criteri indicati nell’articolo 97 della Costituzione e cioè imparzialità, efficacia, economia, trasparenza e pubblicità siano quelli dominanti l’attività della pubblica amministrazione.

Nel corso di 30 anni, chiaramente si è reso necessario un ampliamento di questa materia sulla scia delle evoluzioni normative relative anche ad altre democrazie occidentali. In Italia per esempio, la sola possibilità offerta ai cittadini di accedere agli atti per controllare l’operato della PA si è rivelata misura di controllo insufficiente. Ecco che interviene allora il decreto legislativo numero 82/2005 che introduce il CAD ovvero il Codice dell’Amministrazione Digitale.

Codice di Amministrazione Digitale

Il Codice dell’Amministrazione Digitale è un importante strumento normativo mediante il quale le PA traducono i principi di efficacia, imparzialità, pubblicità, economicità e trasparenza in modalità digitale.

Esso prevede che:

  • le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di tutti gli strumenti digitali necessari per garantire i principi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione;
  • le amministrazioni pubbliche assicurino ai cittadini la possibilità di accedere, controllare, fruire e trasmettere le informazioni necessarie in modalità digitale;
  • le amministrazioni pubbliche garantiscano che tutte le informazioni o dati raccolti, creati o conservati siano sempre disponibili grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici.

Modifiche al Codice dell’Amministrazione Digitale

Negli anni il Codice dell’Amministrazione Digitale ha subito varie modifiche.

  1. 2006: il D. Lgs. 4 aprile 2006, n. 159 apporta alcune modifiche, migliorie e integrazioni al decreto originario, trasponendo nel Codice il testo del decreto legislativo numero 42/2005 relativo alla Sistema pubblico di connettività e la Rete Internazionale delle Pubbliche Amministrazioni.
  2. 2008: il Codice subisce modifiche in merito ai commi 4 e 5 dell’articolo 23 relativi alla validità delle copie di documenti analogici originali su supporto informatico. I suddetti commi saranno poi sostituiti con gli articoli 23-ter e 23-quater nel 2010.
  3. 2009: nel 2009, con la legge 18 giugno 2009, n. 69, sono state introdotte diverse disposizioni, tra cui la facoltà per le amministrazioni regionali e locali di assegnare caselle di PEC ai cittadini residenti per la trasmissione di documenti ufficiali. Inoltre, è stata imposta alle amministrazioni pubbliche l’obbligo di pubblicare su internet i propri indirizzi PEC, facilitando così la comunicazione dei cittadini secondo il CAD. Altre modifiche riguardano l’estensione delle disposizioni del CAD a soggetti privati preposti a attività amministrative e la possibilità di rilasciare carte elettroniche anche ai titolari di carta di identità elettronica fino al 31 dicembre 2010.
  4. 2016-2017: i decreti 179/2016 e D.Lgs. 217/2017 hanno adattato il Codice alla disciplina contenuta nel regolamento europeo del 2014, n. 910 in materia di documenti informatici e firme elettroniche.
  5. 2020-2021) in questo periodo, il Codice dell’amministrazione digitale ha subito diverse modifiche. Per esempio, il DL 76/2020 ha introdotto nuovi concetti di identità digitale, domicilio digitale e accesso ai servizi digitali. Le modifiche più significative sono state apportate però dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, mirato a semplificare e agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La stesura di un codice di condotta tecnologico è ancora in attesa.
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Diritti del cittadino dopo l’introduzione del CAD

Con l’introduzione del Codice dell’Amministrazione Digitale, questi sono alcuni dei diritti acquisiti dal cittadino:

  • diritto alla identità digitale;
  • diritto al domicilio digitale;
  • diritto alla alfabetizzazione informatica;
  • diritto alla tutela dei dati digitali personali;
  • diritto alla accessibilità e usabilità dei propri dati digitali;
  • diritto alla trasparenza amministrativa digitale.

Contratti pubblici e corruzione

L’ambito della contrattualistica pubblica è quello in cui maggiormente si assiste alla messa in pratica di comportamenti corruttivi. Per meglio comprendere questo argomento, partiamo dalla definizione di contratti pubblici.

Con questa espressione si fa riferimento a tutti quei contratti che la Pubblica Amministrazione stipula per il perseguimento dei propri fini e scopi. A disciplinare il contratto è il nostro Codice Civile e in particolare l’articolo 1321 che a breve illustreremo.

Rispetto all’ambito della contrattualistica privata, in quella che vede la PA come parte contraente e quindi della contrattazione pubblica, l’obiettivo è perseguire non fini di natura personale ma interessi collettivi. Anche in merito al corrispettivo c’è una differenza sostanziale rispetto all’ambito contrattualistico privato: in quello pubblico, si utilizzano i soldi pubblici e quindi della comunità.

Da questa breve analisi appare chiaro che anche la pubblica amministrazione può stipulare contratti per il perseguimento dei propri fini che sono però non personali ma nell’interesse della collettività.

Articolo 1321 Codice Civile

Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Articolo 1322 Codice Civile

1. Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative.
2. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

Contratti attivi e contratti passivi

Per contratti attivi si intendono tutti quei contratti che portano una entrata economica per lo Stato. Al contrario, quelli passivi sono i contratti che comportano una spesa per la pubblica amministrazione. A regolare i contratti attivi è il regio decreto del 1923 mentre per quelli passivi, la disciplina si rinviene nel Codice dei contratti pubblici.

Nota importante.

Se oggetto della contrattazione è la fideiussione, il mutuo, la locazione e la compravendita, il nostro riferimento normativo sarà il codice civile, eccezione fatta per la conclusione dei contratti stessi. Invece, se oggetto della contrattazione riguardano lavori pubblici o di pubblica fornitura la disciplina è differente così come le procedure applicate che si compongono di più fasi.

Pubblica amministrazione e fasi della contrattazione

Queste le fasi della contrattazione nella pubblica amministrazione:

  1. deliberazione a contrarre: atto stipulato dagli organi preposti e attraverso il quale la PA manifesta la sua volontà a stipulare un contratto;
  2. emanazione della delibera: attraverso essa si stabilisce il contenuto del contratto e gli strumenti per la scelta del contraente. Non c’è nessuna fase di trattativa;
  3. scelta del contraente: la PA non ha libertà di scegliere il contraente ma necessita di alcune procedure specifiche come la gara, il pubblico incanto, licitazione privata e asta;
  4. stipula del contratto pubblico: così si definisce perché per l’appunto stipulato dalla pubblica amministrazione. Il contratto si dovrà redigere in forma scritta o nella forma di atto pubblico e quindi rogato da un notaio o nella forma pubblico-amministrativa e cioè redatto dal segretario comunale o nella forma di scrittura privata firmata da entrambe le parti;
  5. approvazione del contratto.

Il Codice dei contratti individua i seguenti come contratti tipici della pubblica amministrazione: contratti di appalto o di concessione.

Per riassumere

La disciplina sui contratti della pubblica amministrazione è dettagliata. In sintesi:

  1. La scelta del contraente avviene dopo una procedura di evidenza pubblica.
  2. La gara è la fase centrale, con l’offerta dei partecipanti per eseguire le richieste dell’amministrazione.
  3. La gara viene pubblicizzata attraverso un bando con criteri di selezione.
  4. I partecipanti devono avere i requisiti necessari.
  5. Ogni soggetto può presentare solo un’offerta per gara.
  6. Alla fine della gara, si individua il soggetto con l’offerta migliore.
  7. La P.A. emana il provvedimento di aggiudicazione e segue la redazione del contratto.
  8. La competenza per le controversie pre-contrattuali è del giudice amministrativo, mentre per l’esecuzione del contratto è del giudice ordinario.

Contratto di appalto nell’ambito di anticorruzione e trasparenza

Recita l’articolo 1655 del codice civile che: “L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.“

L’appalto è un contratto in cui un imprenditore, utilizzando i propri mezzi, si impegna a realizzare un’opera in cambio di un compenso. Si differenzia dal contratto d’opera perché l’appaltatore non esegue personalmente l’opera, ma utilizza la propria organizzazione.

Può riguardare sia la realizzazione di un’opera che la fornitura di servizi. Questo contratto può essere stipulato oralmente, tranne che per la costruzione di navi o aeromobili e gli appalti pubblici. La forma scritta è preferibile per evitare difficoltà in caso di controversie.

Appalto pubblico in materia di anticorruzione e trasparenza

L’Appalto pubblico è un contratto, disciplinato da procedure specifiche, in cui una pubblica amministrazione affida a un’impresa la realizzazione di un’opera o l’acquisizione di servizi o forniture di beni.

Questo strumento è cruciale per soddisfare la domanda pubblica di beni e servizi necessari al conseguimento dei fini istituzionali della pubblica amministrazione. Gli appalti pubblici si dividono in tre categorie principali, ciascuna regolamentata da normative specifiche:

  1. appalti di opere (lavori pubblici);
  2. appalti di servizi;
  3. appalti di forniture di beni, comprendenti l’approvvigionamento di prodotti di qualsiasi categoria per il funzionamento degli enti.

In materia di appalti pubblici, il decreto legislativo numero 36/2023 ha apportato delle importanti novità:

  1. introduzione del principio di digitalizzazione che ha come obiettivo quello di aumentare la performance delle pubbliche amministrazioni;
  2. rafforzamento delle piattaforme digitali;
  3. introduzione del dissenso-costruttivo: dissenso manifestato dalla PA che motiva e fornisce anche una critica costruttiva dello stesso con indicazione delle modifiche necessarie a superare il dissenso;
  4. clausola di revisione dei prezzi.

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