Un dubbio e quesito molto ricorrente tra i risparmiatori che aprono un deposito bancario è se gli interessi maturati cadano in prescrizione in 5 anni.
A tale proposito sono intervenuti gli ermellini della Corte di Cassazione con emissione dell’ordinanza n. 25420 in data 23 settembre 2024 attraverso la quale si sono pronunciati in materia di prescrizione degli interessi maturati sul conto deposito, sancendo che trova applicazione l’articolo 2948 n. 4 del Codice civile. Gli interessi sul conto deposito bancario soggiacciono al termine di prescrizione pari a 5 anni a decorrere dalla maturazione degli stessi. L’origine di questa ordinanza deve rinvenirsi in una complessa vicenda processuale che ha coinvolto una donna che aveva sottoscritto nel corso degli anni Ottanta tre depositi bancari presso un istituto creditizio.
La vicenda processuale
Una cliente nel 1980 aveva deciso di aprire un deposito bancario al portatore, dopo tre anni ritornava nella stessa banca per aprirne altri due. Nel 1986 la stessa risparmiatrice si recava presso l’istituto di credito per riscuotere una parte delle somme depositate. A seguito della scoperta dell’irregolare tenuta delle scritture contabili del libretto, la cliente decideva di sporgere querela, venendo ad avviare un procedimento penale, il quale si concludeva con la condanna. La parte lesa agiva in sede civile per l’importo dei depositi spettanti ed in appello l’istituto di credito depositario veniva condannato al pagamento degli interessi maturati a decorrere dal 1986. L’istituto bancario depositario ricorreva in Cassazione ritenendo che fosse maturata la prescrizione degli interessi del conto deposito.
I giudici della Cassazione hanno ritenuto fondato il motivo di ricorso della banca depositaria, sottolineando che erroneamente i giudici delle corti territoriali avevano accomunato il termine prescrizionale degli interessi a quello del capitale. Gli interessi nel caso di deposito bancario non vengono capitalizzati immediatamente nel caso in cui non vi sia correlazione a un conto corrente, ma vengono annotati nel caso di prelievo o di versamento. Ai fini della prescrizione si deve distinguere gli interessi dal capitale.
Trova applicazione l’articolo 2948 n. 4 della disciplina civilistica dal momento che la richiesta della quota di interessi non accreditati sul deposito bancario deve essere autonoma rispetto all’istanza che prevede la restituzione del capitale investito. Le due domande sono autonome dato che il conto deposito bancario non collegato ad un conto corrente comporta che gli interessi non siano annotati sul libretto in modo automatico. Di conseguenza, non c’è alcuna capitalizzazione immediata della quota interessi.
Obbligo restitutorio sorge dalla richiesta del capitale
Secondo gli ermellini della Cassazione l’obbligo di restituzione dell’istituto di credito decorre dalla richiesta. Il termine prescrizionale del diritto del depositante decorre dal momento in cui si avanza la richiesta di rimborso. Nella fattispecie esaminata, a decorrere dal 1986 la risparmiatrice aveva diritto alla quota di interessi su quanto depositato. L’istituto di credito lamenta che ciò violi l’articolo succitato contenuto nel Codice civile secondo il quale gli interessi si prescrivono in cinque anni. il principio richiamato concerne il capitale e non anche la quota di interessi.
L’obbligo di restituzione degli interessi decorre dalla previsione di un termine previsto dal contratto, oppure nel caso di difetto, dall’istanza avanzata dalla cliente. Il momento dell’istanza rappresenta la condizione in cui il credito diventa esigibile ed il termine prescrizionale del risparmiatore inizia a decorrere dal momento che ne venga avanzata la richiesta. Di conseguenza, in capo all’istituto di credito sorge l’obbligo di restituzione. L’orientamento giurisprudenziale ha sciolto ogni dubbio: l’inerzia del risparmiatore che sottoscrive un deposito bancario non può mera manifestazione di disinteresse, ma si tratta di una facoltà nel fare valere un proprio diritto. Il risparmiatore gode della facoltà e non dell’obbligo di esercitare il diritto di credito al rimborso.
Obbligazione di interessi è accessoria a quella principale
L’obbligazione degli interessi è accessoria: l’accessorietà della stessa rispetto all’obbligazione principale non concerne le vicende successive dal momento della nascita della stessa, ma le stesse risultano essere del tutto autonome da quelle relative al capitale. In virtù della maturazione progressiva, l’obbligazione di interessi vive di vita propria, come è stato ribadito dalla Cassazione con sentenza n. 13781 del 2023. Con il trascorrere dei mesi di deposito e con la maturazione degli interessi stessi, essi costituiscono un’obbligazione indipendente rispetto a quella principale.
Gli interessi maturati soggiacciono al termine prescrizionale quinquennale previsto dall’articolo 2948 n.4 della disciplina civilistica. Come sancito dalle sentenze Cass. 25047/2009 e Cass. 9695/2011, il termine per provvedere al pagamento decorre per le prestazioni di interessi e di capitale dal momento utile per provvedere al pagamento dell’ultima rata prevista per adempiere l’obbligazione principale. Il termine prescrizionale previsto è decennale. Il pagamento rateale in più versamenti a carattere periodico dell’unico debito non comporta alcun frazionamento in differenti rapporti obbligatori.
Pertanto, per gli interessi previsti dal piano di ammortamento di un contratto di mutuo o di finanziamento non è prevista l’applicazione dell’articolo 2984 n.4 della disciplina civilistica. Il succitato articolo riguarda gli interessi periodici dato che la normativa fa riferimento solo alle obbligazioni di durata ed a quelle con cadenza periodica. Affinchè lo stesso articolo trovi applicazione, è necessario che la quota di interessi sia corrisposta con cadenza periodica (infrannuale p annuale).
Istanza degli interessi deve essere indipendente rispetto al rimborso del capitale
Nella fattispecie della donna che negli anni Ottanta ha sottoscritto tre depositi bancari opera la prescrizione della durata pari a 5 anni dato che l’istanza degli interessi maturati rappresenta una domanda del tutto indipendente e autonoma rispetto a quella relativa alla restituzione del capitale. Il conto deposito bancario oggetto della vicenda giudiziaria è un conto che non poggia sul conto corrente e gli interessi sono contabilizzati al termine della capitalizzazione. Di conseguenza, gli interessi vengono annotati al primo prelievo o versamento.
I giudici della Cassazione hanno deciso di accogliere il ricorso dell’istituto bancario dato che il termine prescrizionale non decorre nel caso in cui la risparmiatrice non abbia richiesto la contabilizzazione degli interessi maturati sul libretto degli interessi. La mancata richiesta della quota di interessi maturata non comporta l’esclusione del termine di prescrizione quinquennale. L’istanza di riconoscimento degli interessi non annotati sul libretto costituisce un’istanza autonoma rispetto a quella avente ad oggetto la restituzione del capitale.
Contratto deposito bancario: disciplina civilistica
L’articolo 1834 del Codice civile sancisce che l’istituto bancario acquista la proprietà delle somme versate dal risparmiatore e si impegna a rimborsare il capitale depositato oltre ad una quota di interessi maturati. Nella pratica bancaria, il contratto del deposito bancario è una pratica molto diffusa e comune. In particolare, nel corso degli ultimi anni di inflazione si è assistito ad un aumento del numero del saggio di rendimento offerto sui depositi bancari.
Ciò per consentire ai risparmiatori di proteggere le somme depositate sul conto dall’inflazione e dalla perdita del potere di acquisto. Una volta versati e depositati i soldi sul conto, l’intermediario creditizio ne acquisisce la proprietà. Lo stesso si impegna a rimborsare il capitale al termine del contratto oppure a seguito dell’istanza presentata dal cliente. Il risparmiatore è destinatario del capitale e degli interessi che l’istituto bancario è tenuto a corrispondere sulle somme oggetto del deposito bancario.
La banca, mediante la raccolta del denaro, ha la possibilità di finanziare gli investimenti o di concedere ed erogare alla clientela mutui e finanziamenti. La banca è tenuta obbligatoriamente alla restituzione delle somme depositate. Nella prassi commerciale il contratto di deposito si accompagna ad un rapporto di conto corrente ed il cliente è tenuto ad effettuare in modo libero le operazioni di versamento e di prelievo.
Il diritto a percepire gli interessi maturati
Il risparmiatore che sottoscrive un contratto di deposito bancario ha l’interesse a mettere al sicuro i propri soldi, ma anche a percepire la quota di interessi maturata. La corresponsione degli stessi deriva dal fatto che le somme depositate dal cliente si trovano nella piena disponibilità dell’intermediario creditizio. La Suprema Corte ha definitivamente sciolto ogni dubbio dato che il deposito bancario genera interessi anche nel caso in cui il credito non sia esigibile in caso di pignoramento. Il contratto di deposito bancario è un contratto reale e a forma libera. Il perfezionamento avviene con l’automatico acquisto della proprietà di tale somma in capo all’intermediario creditizio e l’affidamento della somma alla banca stessa da parte del risparmiatore.
Sorge l’obbligo restitutorio in capo all’intermediario creditizio stesso e la banca è tenuta a pagare gli interessi maturati. Il deposito bancario si configura come contratto tipico misto tra contratto di custodia ed investimento e contratto di credito. In giurisprudenza, tale tesi è condivisa dalla maggior parte, anche se c’è da sottolineare il fatto che si può applicare analogicamente il contratto di mutuo e di deposito non regolare. L’istituto di credito depositario è obbligato a riconsegnare le somme di denaro ricevute e depositate dal cliente nella specie monetaria.
Richiamando la classificazione operata dal Testo Unico Bancario, il deposito rientra tra le operazioni bancarie passive dato che costituiscono il mezzo per espletare l’attività di raccolta del risparmio. Con l’acquisto della proprietà delle somme depositate, l’intermediario creditizio può disporne liberamente. Per quanto concerne la forma, è imposta la forma scritta del contratto a pena di nullità come previsto dalle disposizioni di trasparenza bancaria. L’istanza del cliente depositante deve essere preceduta da un preavviso.
Deposito bancario vincolato e libero
Per quanto concerne le tipologie contrattuali di deposito bancario sottoscrivibili, nella prassi possiamo distinguere tra deposito libero e vincolato. Nel caso di deposito libero può prevedere da parte del cliente/risparmiatore l’onere del preavviso. Nel caso di deposito vincolato la banca ha la possibilità di investire le somme depositate dal cliente in modo tale che la stessa espleti la propria attività di finanziamento. Per questo, il cliente/risparmiatore deve valutare con attenzione se non debba fare fronte ad urgenze. Per questa motivazione, trova applicazione un tasso di interessi maggiormente remunerativo rispetto a quello applicato ai depositi liberi.
Altro metodo di classificazione del contratto di deposito concerne l’interesse del risparmiatore di poter disporre delle somme più prontamente o di conservare il denaro. Per quanto concerne i prelievi/versamenti, l’articolo 1834 Codice civile deroga alla regola contenuta nell’articolo 1183 della disciplina civilistica. I depositi si distinguono in semplici, in conto corrente ed a risparmio. Per quanto concerne quelli semplici, essi si caratterizzano per il mero rilascio di un documento (ricevuta di cassa) e per il rimborso in un’unica soluzione. Per quanto concerne il deposito in conto corrente, si tratta oramai di un contratto bancario obsoleto in quanto l’intermediario bancario deve adempiere l’obbligo di restituzione e accetta per conto del cliente stesso l’esecuzione di ordini di pagamento a favore di terzi soggetti. Quelli a risparmio si caratterizzano per il rilascio del libretto di deposito a risparmio nel quale trovano annotazione tutte le operazioni. Il cliente ha la facoltà di versare e prelevare in modo parziale.