Disturbo della quiete pubblica, con la sentenza numero 2071 del 2024, la Corte di Cassazione, sezione penale, ha stabilito che non costituisce reato ai sensi dell’articolo 659 del codice penale, causare fastidio con il rumore dei tacchi ai condomini del piano sottostante. Analizziamo la vicenda.
Il caso
La signora C.C. e la signora D.D. abitano entrambe nell’appartamento situato al di sotto di quello di A.A. e B.B., nello stesso stabile condominiale. Sono state le uniche a lamentarsi dei rumori molesti provenienti dall’abitazione degli imputati. Gli altri condomini non hanno mai presentato proteste o denunce simili, né hanno testimoniato durante il processo.
A.A. e B.B. hanno fatto presente che non avevano mai ricevuto alcuna lamentela diretta dalle due vicine denunciatrici, le quali si sono rivolte direttamente all’amministratore del condominio. Dettaglio questo, confermato anche dalla stessa D.D. durante il giudizio.
Contestazioni degli imputati
Gli imputati hanno inoltre denunciato l’assenza di accertamenti tecnici circa l’idoneità potenziale della loro abitazione a diffondere rumori nel resto dello stabile o altrove. Non è stata analizzata la natura dei rumori stessi, né è stato verificato se fossero costanti, occasionali o ricorrenti nel tempo, e con quale frequenza si verificassero.
Nessuna pattuglia della Polizia Giudiziaria (PG) è mai intervenuta per eseguire sopralluoghi o controlli sul posto. Secondo la loro difesa, questo fatto rende i presunti disturbi non idonei a configurare il reato previsto dall’articolo 659 del codice penale. Quest’ultimo, infatti, richiede che il disturbo leda l’interesse al riposo o alle occupazioni di una cerchia indeterminata di persone, arrecando turbamento alla pubblica quiete.
Gli imputati hanno quindi contestato la sentenza impugnata, che affermava che i rumori provenienti dal loro appartamento fossero percepiti anche da altri condomini. Tale affermazione non è mai emersa durante l’istruttoria dibattimentale. A.A. e B.B. hanno ribadito che nessun altro residente nel palazzo è stato sentito in dibattimento o durante le indagini preliminari, e che non esistono lamentele da parte di soggetti diversi dalle due denunciatrici acquisite agli atti. Non risultano nemmeno denunce o azioni civili contro di loro.
Motivazioni dei ricorsi
Con il secondo motivo del ricorso, gli imputati hanno lamentato la motivazione mancante o insufficiente per quanto riguarda le numerose contestazioni sollevate dalla difesa. Tra queste vi sono l’archiviazione di un procedimento simile presso la Procura della Repubblica di Taranto (n.r. 772/2022), l’assoluzione di B.B. in un altro procedimento condotto dal Giudice di pace di Taranto, sempre su denuncia delle stesse persone offese per il reato di lesioni, e la tolleranza dei rumori in ambito condominiale.
Gli imputati hanno evidenziato anche l’assenza di rilevamenti tecnici sulla diffusività dei rumori contestati e la mancanza di contestazioni dirette rivolte a loro, elementi che secondo la difesa rendono insostenibili le ragioni della condanna.
Terzo motivo del ricorso, revoca della testimonianza e acquisizione della querela
Con il terzo motivo del ricorso, gli imputati hanno criticato la revoca della testimonianza della signora C.C., che ritenevano cruciale per un approfondimento sulla denuncia. Gli avvocati di A.A. e B.B. avevano acconsentito all’acquisizione della querela a causa di un malore della teste. Tuttavia, secondo la difesa, non è stata data alcuna giustificazione sulla superfluità di questa prova, in violazione dell’articolo 495 del codice di procedura penale.
Il 4 dicembre 2023, le parti civili hanno presentato una memoria attraverso il loro difensore, sostenendo l’inammissibilità del ricorso. Secondo loro, il ricorso era costituito da mere lamentele fattuali o dalla riproposizione di tematiche già affrontate e risolte correttamente nella sentenza impugnata.
Di fronte a tutte queste argomentazioni, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso degli imputati. La Corte ha riconosciuto che non c’erano prove sufficienti per dimostrare che i rumori provenienti dall’abitazione degli imputati disturbassero una cerchia indeterminata di persone, fondamentale per configurare il reato ai sensi dell’articolo 659 del codice penale.
Per configurarsi tale reato, il disturbo deve arrecare fastidio non solo a singoli individui, ma a un gruppo più esteso di persone, creando turbamento alla quiete pubblica. La decisione ribadisce l’importanza di dimostrare il disturbo collettivo per la configurazione del reato previsto dall’articolo 659, distinguendo tra un illecito civile, che può dare luogo a un risarcimento, e un comportamento penalmente rilevante.
Disturbo della quiete pubblica, accoglimento del ricorso da parte della Cassazione
Il ricorso presentato dagli imputati si riteneva fondato e dunque meritevole di accoglimento da parte della Corte di Cassazione. Nonostante nella sentenza impugnata si affermi genericamente che i rumori provenienti dall’appartamento di A.A. e B.B. fossero percepiti anche da altri condomini, non ci sono elementi concreti a supporto di questa affermazione.
La sentenza non ha infatti chiarito in che modo altre persone all’interno del condominio potessero essere disturbate dai rumori in questione. Questi rumori sono stati descritti come ticchettii dei tacchi delle scarpe e spostamenti di sedie o mobili, che avvenivano soprattutto durante le prime ore del mattino. Tuttavia, è stato dimostrato che tali rumori avevano un impatto solo sulle due vicine che risiedevano nell’appartamento sottostante.
Bisogna considerare che il bene giuridico tutelato dalla norma in questione, l’articolo 659 del codice penale, è la pubblica quiete. La norma mira a proteggere il riposo e le attività delle persone da disturbi indiscriminati, che devono essere di una portata tale da interessare una cerchia indeterminata di soggetti, e non solo singoli individui.
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Specificazioni sul reato di disturbo della quiete pubblica
Il disturbo deve essere percepito da un numero significativo di persone per configurare il reato. In assenza di tale prova, il fatto si qualifica solo come un illecito civile, non come un reato penale. Diverse sentenze dello stesso tenore sono state citate per rinforzare questa posizione.
La Corte ha inoltre riscontrato che il ragionamento probatorio del Tribunale di Taranto si focalizzava esclusivamente sulle dichiarazioni della signora D.D., che riferiva di rumori provenienti dal piano di sopra nelle prime ore del mattino.
Questi rumori, come il ticchettio dei tacchi e il trascinamento dei mobili, pur essendo disturbanti per gli abitanti dell’appartamento sottostante, non erano in grado di propagarsi oltre il piano inferiore. In assenza di altre testimonianze o denunce da parte di altri condomini, e senza ulteriori accertamenti tecnici, il disturbo non poteva considerarsi un danno alla pubblica quiete.
Disturbo della quiete pubblica, ulteriori specificazioni della Corte Suprema
La Corte di Cassazione ha sottolineato che le lamentele di singoli condomini possono al massimo configurare un illecito civile ai sensi dell’articolo 844 del codice civile, ma non un reato ai sensi dell’articolo 659 del codice penale. Per configurare il reato, è necessario che i rumori turbino un numero più ampio di persone.
Infine, facendo riferimento a precedenti giurisprudenziali, la Cassazione ha stabilito che le attività rumorose possono configurare tre diverse fattispecie:
- un illecito amministrativo se i rumori superano i limiti di emissione previsti dalla legge;
- il reato di disturbo della quiete pubblica se i rumori superano le modalità normali di esercizio di una attività, creando un disturbo generalizzato;
- vari e ulteriori reati se si violano specifiche disposizioni normative o prescrizioni dell’Autorità in materia di emissioni sonore.
Nel caso in esame, mancava il necessario nesso di conseguenzialità logica tra il disturbo percepito dalle vicine del piano sottostante e il disturbo alla pubblica quiete. Non potendo configurarsi il reato, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, riconoscendo che il fatto non sussiste.
Articolo 659 codice penale
“Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309.
Nell’ipotesi prevista dal primo comma, la contravvenzione è punibile a querela della persona offesa, salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.
Si applica l’ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità”.
Illecito civile e conclusioni
Nel caso in esame, non si configura né un illecito amministrativo né un reato secondo il terzo comma dell’art. 659 c.p. Inoltre, non si può parlare di disturbo alla pubblica quiete, poiché per esserci tale disturbo è necessario che il rumore sia percepito da più persone.
Parliamo invece dell’illecito civile. L’articolo 844 del codice civile impone che rumori e odori provenienti dalla proprietà di un vicino non devono superare la normale tollerabilità, e questa norma vale anche nei condomini. La legge sull’inquinamento acustico (legge 447/1995) fissa dei limiti precisi, e superarli costituisce automaticamente una violazione.
Tuttavia, la giurisprudenza ha riconosciuto che alcune immissioni si possono considerare intollerabili anche se non superano questi limiti, specialmente quando danneggiano i vicini proprio a causa della vicinanza (Cass. Ord. 1069/2017).
Se l’illecito civile comporta un danno, come la limitazione delle attività quotidiane, la persona colpita può richiedere un risarcimento. La violazione dei diritti costituzionali (art. 32 della Costituzione) e dei diritti umani (art. 8 CEDU) permette di chiedere il risarcimento del danno subito. Chi subisce queste immissioni può rivolgersi al tribunale per ordinare la cessazione del comportamento molesto e ottenere un risarcimento.
I giudici hanno stabilito che non c’è una connessione logica tra il disturbo alle residenti del piano inferiore e il disturbo alla quiete pubblica, quindi non ci sono motivi per ritenere gli imputati responsabili.
Il rumore di cui i vicini si lamentano, potrebbe essere un illecito civile, ma per configurare il reato di disturbo alla quiete pubblica, il disturbo deve colpire un numero più ampio di persone. Di conseguenza, la Suprema Corte ha annullato la decisione precedente e revocato le disposizioni civili perché il fatto non sussiste.